Mediante la ordinanza n. 2053/15 del 4 febbraio 2015, resa nel giudizio iscritto al n. 18617/2013 R.G., la Sesta Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha affermato la compatibilità dell’indennità risarcitoria prevista dall’art. 32, comma 5, L. n. 183/2010 (c.d. Collegato Lavoro) con la clausola 4 dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE.
Secondo la Cassazione, infatti, nella sentenza Carratù «la Corte di Giustizia UE ha affermato che sulla scorta del solo principio di uguaglianza/non discriminazione, previsto dalla Clausola 4 della Direttiva 1999/70/Ce, non si può ritenere violata la parità di trattamento, perché non appaiono direttamente comparabili la tutela prevista per la illegittima interruzione dei contratti a tempo indeterminato ex art. 18 l. 300/70, nella formulazione ante riforma c.d. Fornero, e quella dovuta per l’ipotesi di illegittima interruzione dei contratti a termine (punti 44 e 45 della Sentenza). Le conseguenze della illegittima interruzione del rapporto di lavoro a termine non trovano quindi tutela sulla scorta della sola Clausola 4».
Ribadendo il proprio precedente orientamento (cfr. Cass. 29 febbraio 2012, n. 3056), la Suprema Corte ha inoltre avuto modo di osservare, in maniera tranciante, che l’indennità prevista dall’art. 32, comma 5, del Collegato Lavoro – indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 L. n. 604/1966 – «configura, alla luce dell’interpretazione adeguatrice offerta dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 303 del 2011, una sorta di penale ex lege a carico del datore di lavoro che ha apposto il termine nullo, ed è liquidata dal giudice, nei limiti e con i criteri fissati dal citato art. 32 (che richiama i criteri indicati nell’art. 8 l. 604/1966), a prescindere dall’intervenuta costituzione in mora del datore di lavoro e dalla prova di un danno effettivamente subito dal lavoratore, trattandosi di indennità forfetizzata e onnicomprensiva per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto intermedio (dalla scadenza del termine alla sentenza di conversione del rapporto)».
Nel medesimo senso si pone la norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 1, comma 13, L. n. 92/2012, secondo cui «La disposizione di cui al comma 5 dell’articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, si interpreta nel senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro».

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Clemente Massimiani

Clemente Massimiani è Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania, Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro Europeo e più volte riconosciuto in ambito accademico Cultore della materia di Diritto del Lavoro, con una pluriennale esperienza in materia di Diritto del Lavoro privato e pubblico, Consulenza d’impresa, Relazioni Industriali, Diritto Sindacale e Diritto Previdenziale.