La riduzione della platea dei destinatari in seno ai licenziamenti collettivi, in presenza di mansioni fungibili nel complesso aziendale, è assoggettata ad un rigoroso obbligo di motivazione, giacché la ratio della disciplina prevista ai sensi della Legge n. 223/1991 è quella della massima estensione possibile della platea dei lavoratori da coinvolgere.
Tale principio è stato autorevolmente stabilito dall’Ill.mo Giudice del Lavoro del Tribunale di Gela, che nella sentenza n. 218/2015 pubblicata il 16/06/2015, attraverso un excursus sulle pronunce della giurisprudenza di legittimità, ha colto nel segno i punti nevralgici e le criticità della disciplina dei licenziamenti collettivi.
Secondo l’Ill.mo Giudice del Lavoro, segnatamente, sul datore di lavoro che intenda operare una scelta limitativa della platea dei destinatari, in presenza di mansioni fungibili nel complesso aziendale, incombe un duplice onere: «egli deve indicare, nella comunicazione ex art. 4, terzo comma L 223/1991 (che così assolva alla sua funzione autenticamente informativa), da un lato, le ragioni che limitano i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, dall’altro lato, le ragioni per cui non ritenga di ovviare ad alcuni licenziamenti con il trasferimento ad unità produttive geograficamente vicine a quella soppressa o ridotta (altrimenti verrebbe in rilievo l’obbligo di repechage): in modo da consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti».
Ciò in quanto «la ratio della legge 223/91 è quella della massima estensione possibile della platea dei lavoratori da coinvolgere, non solo per la dizione letterale della norma (il riferimento al complesso aziendale impone che la riduzione della platea abbia carattere speciale se non eccezionale) ma anche in considerazione delle finalità della legge. Infatti non bisogna dimenticare della relazione direttamente proporzionale tra la vastità della platea dei lavoratori e l’individuazione di quelli, tra di essi, più forti (o più deboli che dir si voglia). E, d’altro canto, della relazione inversamente proporzionale tra la vastità della platea dei lavoratori da licenziare e la possibilità di scelte arbitrarie, da parte del datore di lavoro, funzionali a sbarazzarsi di lavoratori scomodi».
In ragione di quanto precede, è stato ritenuto illegittimo nella fattispecie, per violazione dei criteri di scelta ex art. 5, co. 1, L. n. 223/1991, con conseguente applicazione della tutela reale reintegratoria ex art. 18, co. 4, L. n. 300/1970, un licenziamento collettivo connotato dalla «illegittima riduzione della platea dei destinatari», intesa quale «rilevante limitazione delle chances dei lavoratori di non essere ricompresi nella relativa graduatoria e, quindi, come illegittima compressione dell’ambito di scelta ovvero, in definitiva, come illegittima applicazione di quello che è il primo criterio di scelta: l’insieme dei lavoratori passibili di licenziamento» (cfr. Trib. Gela, Sez. Lav., 16.06.2015, n. 218).

* Autore immagine: 123RF.

blank
Clemente Massimiani

Clemente Massimiani è Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania, Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro Europeo e più volte riconosciuto in ambito accademico Cultore della materia di Diritto del Lavoro, con una pluriennale esperienza in materia di Diritto del Lavoro privato e pubblico, Consulenza d’impresa, Relazioni Industriali, Diritto Sindacale e Diritto Previdenziale.