Secondo la Corte di Cassazione le società per azioni a capitale pubblico non sono sottrattealle norme di diritto privato concernenti i contratti di lavoro a tempo determinato e, quindi, alla conversione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato, nel caso di nullità della clausola appositiva del termine”.
Nella sentenza n. 23702/2013, depositata il 18 ottobre 2013, la Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione ha, difatti, chiarito che un assunto di senso opposto risulta “contrario ai principi dell’ordinamento dell’Unione europea né trova conferma nella legislazione nazionale”.
Sottolinea la Corte che “dalla direttiva europea 28 giugno 1990 n. 70 e dall’allegato accordo del 18 marzo 1999, soprattutto dal preambolo, risulta che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ed essere la forma generale di rapporto di lavoro anche se in talune circostanze, ossia eccezionalmente, quelli a termine possono meglio corrispondere ai bisogni dei datori e dei prestatori di lavoro”. Orbene, secondo il ragionamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità, “l’organizzazione di un servizio pubblico secondo un modello privatistico non solleva l’ente organizzatore dai vincoli di finanza pubblica ma non lo sottrae neppure, salva espressa eccezione, alla normativa civilistica propria del modello, come avviene appunto per le società per azioni”. Fatte salve le eccezioni di legge, in sostanza, “vincoli di finanza pubblica e garanzie giuslavoristiche non sono in contraddizione”.
La Corte di Cassazione, in considerazione dell’impegno di capitale pubblico, non nega la sottoposizione dei rapporti di lavoro costituiti dalle società partecipate ai “principi costituzionali di imparzialità e di economicità, quali specificazioni del principio di buon andamento, di cui agli art. 3 e 97 Cost., e dei quali è espressione nel pubblico impiego l’art. 35 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165”, ma un simile vincolo – e qui risiede uno degli snodi cruciali della sentenza n. 23702/2013 – “non comporta necessariamente la separazione delle garanzie legislative contro l’assoggettamento illimitato dei prestatori di lavoro a situazioni precarie, contrarie alla tutela della libertà e dignità di cui all’art. 36, primo comma, Cost. e contrastate dalla sopra richiamata normativa europea”.

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 18 ottobre 2013, n. 23702 (.pdf)

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Clemente Massimiani

Clemente Massimiani è Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania, Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro Europeo e più volte riconosciuto in ambito accademico Cultore della materia di Diritto del Lavoro, con una pluriennale esperienza in materia di Diritto del Lavoro privato e pubblico, Consulenza d’impresa, Relazioni Industriali, Diritto Sindacale e Diritto Previdenziale.