Alla luce dell’ordinanza n. 261 del 7 novembre 2013 della Corte Costituzionale, sembra doversi ritenere ormai consolidata l’applicazione dei nuovi parametri forensi introdotti dal D.M. Giustizia n. 140/2012 anche ai giudizi in corso ed alle attività già espletate.

Secondo la Corte Costituzionale, la questione di legittimità dell’articolo 9, commi 1, 2 e 5 del Decreto Legge n. 1/2012 e del D.M. n. 140/2012, sollevata “nella parte in cui [dette norme] dispongono l’applicazione retroattiva delle nuove tariffe forensi anche ai processi in corso e all’attività già svolta ed esaurita prima della sua entrata in vigore, in relazione all’art. 3, 24 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, all’art. 5 Trattato Ue e all’art. 296 Trattato sul Funzionamento dell’Ue e all’art. 6 Trattato Ue e per esso ai principi dello Stato di Diritto richiamati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Carta di Nizza”, è manifestamente infondata.

La Corte Costituzionale, segnatamente, ha ravvisato nelle questioni poste dai rimettenti “erroneità della premessa interpretativa”, giacché “non è esatto […] che al compimento di ogni singolo atto del professionista sorga ipso facto il suo diritto al compenso in relazione alle tariffe a quel tempo vigenti”. Vero è invece, come anche di recente ribadito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 17405 del 2012), che “quel compenso costituisce un corrispettivo unitario, […] che ha riguardo all’opera professionale complessivamente prestata; e di ciò non si è mai in passato dubitato, quando si è trattato di liquidare onorari maturati all’esito di cause durante le quali si erano succedute nel tempo tariffe professionali diverse, giacché sempre in siffatti casi si è fatto riferimento alla tariffa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita”.

Aggiunge ancora la Corte Costituzionale, con riguardo in particolare alla prospettata violazione dell’art. 24 Cost., che “non è sostenibile che una generale riduzione delle tariffe forensi incida in senso limitativo dell’accesso dei cittadini alla giustizia e quindi del loro diritto di difesa, quando, a rigor di logica, la riduzione dei compensi agli avvocati dovrebbe, al contrario, condurre ad un allargamento del ricorso alle vie giurisdizionali”.

Né, secondo la Consulta, possono adombrarsi dubbi di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 3 Cost., sia perché la fattispecie sottoposta al Giudice delle leggi – evenienza in cui “pur avendo in ipotesi due avvocati posto in essere il medesimo adempimento in una stessa data, uno di essi, più solerte nel chiederne il pagamento, avrebbe conseguito il dovuto nella misura prevista dalle vecchie tariffe, mentre il secondo, che abbia come di consueto atteso la fine del giudizio, limitandosi a richiedere di volta in volta degli acconti, si vedrebbe liquidato un compenso differente e mediamente più basso” – integra una “ipotesi astratta”, sia perché la medesima “comunque si risolve in un inconveniente di fatto non direttamente riconducibile alla disciplina denunciata, bensì a variabili accidentali legate alla sua applicazione”.

Corte Costituzionale, ordinanza 7 novembre 2013, n. 261 (.pdf)

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Clemente Massimiani

Clemente Massimiani è Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania, Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro Europeo e più volte riconosciuto in ambito accademico Cultore della materia di Diritto del Lavoro, con una pluriennale esperienza in materia di Diritto del Lavoro privato e pubblico, Consulenza d’impresa, Relazioni Industriali, Diritto Sindacale e Diritto Previdenziale.