Le difficoltà ermeneutiche originate dal tenore letterale del comma 1-bis dell’art. 32 L. n. 183/2010 (c.d. Collegato Lavoro), introdotto dal Decreto Legge 29 dicembre 2010, n. 225 (c.d. Decreto Milleproroghe, convertito dalla Legge 26 febbraio 2011, n. 10), in ordine all’applicazione del “secondo” termine decadenziale previsto per l’impugnativa di licenziamento, originariamente pari a 270 giorni e successivamente ridotto a 180 giorni per i licenziamenti intimati dopo l’entrata in vigore della Legge n. 92/2012 (c.d. Legge Fornero, entrata in vigore il 18 luglio 2012), hanno trovato un importante componimento nella sentenza 23 aprile 2014, n. 9203, della Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro.

Mediante la predetta sentenza è stato chiarito che il differimento della decorrenza al 31 dicembre 2011 previsto dal comma 1-bis dell’art. 32 L. n. 183/2010 fa riferimento «all’ambito di novità» insito nelle disposizioni di cui alla norma in parola, e, dunque, alle nuove ipotesi per le quali è prevista la “prima” impugnativa, anche in via stragiudiziale, entro il termine 60 giorni, ed anche, in via interpretativa, al “secondo” termine decadenziale introdotto dal Collegato Lavoro in subiecta materia.

Secondo la Suprema Corte, infatti, «attraverso il differimento “In sede di prima applicazione” del primo comma novellato dell’art. 6 legge n. 604/66, il legislatore ha inteso, con ciò stesso, differire anche il termine a partire dal quale decorre la decadenza di cui al secondo comma, che diviene quindi a sua volta non applicabile anteriormente al 31.12.2011».

«Diversamente opinando […] – chiarisce la giurisprudenza di legittimità – si dovrebbe giungere alla conclusione che l’art. 6, comma 1, novellato rimarrebbe applicabile, anche prima del 31 dicembre 2011, nelle ipotesi che già ricadevano sotto la disciplina del testo originario, mentre il medesimo art. 6, comma 1, novellato non sarebbe in vigore (sempre fino al 31 dicembre 2011) nelle ulteriori ipotesi originariamente non previste; il che equivarrebbe a dire che una norma di cui è stata differita, senza ulteriore specificazione, l’entrata in vigore, resterebbe non di meno in vigore in alcuni casi; si verrebbe cioè, in via ermeneutica, a determinare la contemporanea vigenza e non vigenza di una medesima disposizione di legge, il che costituisce un risultato illogico e, al tempo stesso, contrario alla lettera della legge stessa».

Alla luce di tale ragionamento, non è stata ravvisata decadenza nel deposito di un ricorso giudiziario in data 4 settembre 2012, successivo a licenziamento intimato in data 10 ottobre 2011 e ad impugnativa di licenziamento pervenuta al datore di lavoro il 28 ottobre 2011, proprio per il ritenuto differimento anche del “secondo” termine decadenziale.

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, sentenza 23.04.2014, n. 9203 (.pdf)

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Clemente Massimiani

Clemente Massimiani è Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania, Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro Europeo e più volte riconosciuto in ambito accademico Cultore della materia di Diritto del Lavoro, con una pluriennale esperienza in materia di Diritto del Lavoro privato e pubblico, Consulenza d’impresa, Relazioni Industriali, Diritto Sindacale e Diritto Previdenziale.