Mediante la sentenza n. 17545 dell’1 agosto 2014, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, ha reputato che non possa trovare applicazione la sanzione della conversione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato nei confronti di lavoratore di azienda di trasporto pubblico.
Reputa, difatti, la Corte che «ai rapporti in esame non possa essere applicata la conversione a tempo indeterminato», in ragione del divieto posto dall’art. 36 del D. Lgs. n. 165/2001 e della operatività dell’art. 5 D. L. n. 702/1978.
Ad avviso del Supremo Collegio, «la disciplina generale che regola l’assunzione del personale a termine da parte di province, comuni, consorzi e rispettive aziende, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte (Cass. 2 maggio 2003, n. 6699; 16 settembre 2002, n. 13528; 17 dicembre 1999, n. 14262, 3 dicembre 1988, n. 6566; 1 giugno 1988, n. 3724; 26 febbraio 1988, n. 2059; 2 febbraio 1985, n. 696) è dettata dall’art. 5, quindicesimo e diciassettesimo comma d.l. 702/78, conv. con mod. in l. 3/79, che in particolare stabilisce che l’assunzione di personale straordinario da parte dei predetti enti possa avvenire per sopravvenute esigenze eccezionali e per un periodo non superiore a novanta giorni (nell’anno solare): con risoluzione di diritto del rapporto di lavoro al compimento del periodo e nullità, pure di diritto, dei provvedimenti di assunzione temporanea o di conferma in servizio adottati in violazione delle disposizioni dello stesso articolo».
Secondo la Corte, la giurisprudenza richiamata precisa anche che «la disciplina, in vigore a norma dell’art. 8 d.l. 153/80, conv. in l. 299/80, regola in modo completo ed esauriente l’assunzione del personale a termine da parte degli enti suindicati (pubbliche amministrazioni o imprenditori pubblici), così escludendo che le assunzioni temporanee effettuate dai medesimi siano soggette alla disciplina privatistica della l. 230/62: con la conseguenza, in particolare, dell’insuscettibilità di conversione delle assunzioni temporanee in rapporti a tempo indeterminato, essendo per questi richiesto un concorso o una prova pubblica selettiva, salva, peraltro, l’applicabilità dell’art. 2126 c.c. sulle prestazioni di fatto eseguite in violazione di legge. Né tale disciplina speciale viola alcun precetto costituzionale per ingiustificata disparità di trattamento in danno dei lavoratori assunti a termine dagli enti pubblici suddetti (economici e non), rispetto a quelli assunti da privati e tutelati dalla l. n. 230/62. Il divieto di conversione in oggetto risponde, infatti, a criteri di ragionevolezza ed è ispirato alla tutela di superiori interessi pubblici generali, per la concorrenza delle esigenze di risanamento della finanza locale e del principio di imparzialità, stante l’obbligo di assumere il personale a mezzo di pubblico concorso. Sicché, eventuali clausole di contratti collettivi di settore, nella parte in cui si dovessero interpretare nel senso di introdurre deroghe ai limiti posti dall’art. 5 d.l. 702/78, devono considerarsi nulle per violazione di norma imperativa».
Aggiunge la Corte che «egualmente non si pongono dubbi in ordine alla compatibilità della norma speciale con le direttive CE: basti considerare la circostanza della ritenuta liceità dalla Corte Europea di Giustizia dell’utilizzo di più contratti a termine con lo stesso lavoratore nel rapporto di lavoro pubblico, in deroga alla previsione che dispone la trasformazione a tempo indeterminato. Con la sentenza 7 settembre 2006, causa C-53/04 e C-180/04, essa ha infatti affermato la piena legittimità, in riferimento all’ordinamento comunitario, del d.lg. 165/01 nella parte in cui ammette l’utilizzazione, per le pubbliche amministrazioni, di più contratti a termine con lo stesso lavoratore, senza loro trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, proprio come avviene nel settore privato, con la specificazione, tuttavia, in caso di rinnovo reiterato, della sola tutela risarcitoria in favore del lavoratore interessato. La stessa Corte europea ha argomentato dalla necessità di salvaguardia del principio di accesso al pubblico impiego per selezione concorsuale, legittimamente derogabile in funzione di una miglior tutela del pubblico interesse, nei limiti di non manifesta irragionevolezza e da individuare per legge in casi eccezionali. Al riguardo, la Corte Europea di Giustizia (che nella sentenza 4 luglio 2006 aveva già affermato la violazione del diritto europeo da una legislazione nazionale che vieti in maniera assoluta, solo nel settore pubblico, la trasformazione di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, a scopo di soddisfazione di bisogni permanenti o comunque durevoli del datore di lavoro, in un contratto a tempo indeterminato) ha precisato la necessità di previsione da parte di un ordinamento nazionale, che stabilisca norme imperative relative alla durata e al rinnovo dei contratti a tempo determinato, di misure di effettiva tutela dei lavoratori per sanzionare debitamente gli abusi ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto europeo. Ed infine, la Corte ha concluso per la compatibilità in linea di principio della vigente normativa italiana (diversamente regolante nel senso detto, l’abuso della contrattazione a termine nel settore pubblico e in quello privato) con il diritto europeo, in presenza di una misura effettiva di prevenzione e, se del caso, di sanzione dell’abuso da parte di un datore pubblico di lavoro: attualmente consistente nel diritto del lavoratore interessato ad una tutela risarcitoria».
Esclusa la conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è stata nella fattispecie accordata al lavoratore unicamente una tutela risarcitoria, facendosi applicazione dei principi generali inerenti alla responsabilità contrattuale ed escludendosi l’applicabilità dell’art. 32 L. n. 183/2010 (c.d. Collegato Lavoro) ai fini della commisurazione del risarcimento.
Secondo la Corte, infatti, «dalla accertata nullità di diritto dei provvedimenti di assunzione temporanea in violazione dei limiti di legge (art. 5, quindicesimo e diciottesimo comma d.l. 702/78) consegue la responsabilità di A.T.P. per inadempimento, a norma dell’art. 1218 ss. c.c., nell’interpretazione ampia di violazione di obbligo (non già indifferenziato di neminem laedere, ma) preesistente posto dalla legge (Cass. 25 maggio 2006, n. 12445)».
In particolare, si legge nella parte motiva della sentenza, che «la liquidazione del danno deve essere effettuata in base ai comuni principi posti dall’art. 1223 e segg. c.c., senza possibilità di ricorso, ingiustificato e riduttivo, operato in via analogica dalla Corte di merito, al sistema indennitario onnicomprensivo previsto dall’art. 32 l. n. 183/2010 per la diversa ipotesi di conversione del contratto a tempo determinato».
Alla luce di quanto sopra, la Cassazione ha cassato con rinvio l’impugnata sentenza, disponendo l’obbligo per il giudice del rinvio, designato nella Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, di uniformarsi al seguente principio di diritto: «Alle aziende di trasporti pubblici, se pure il loro statuto preveda la possibilità di assumere personale con una modulazione del rapporto di lavoro di natura privatistica, si applica la disciplina generale dettata dall’art. 5, quindicesimo e diciassettesimo comma del d.l. n. 702/78, convertito con modificazioni nella legge n. 3/79, con esclusione della conversione dei rapporti da tempo determinato a tempo indeterminato. Dalla accertata nullità di diritto dei provvedimenti di assunzione temporanea in violazione dei limiti di tale legge discende l’applicazione dei principi di diritto comune in tema di responsabilità da inadempimento, che dà diritto al risarcimento del danno, che non potrà essere commisurato all’indennità omnicomprensiva prevista dall’art. 32 della L. 183/10 per la diversa ipotesi di conversione del contratto a tempo determinato».

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Clemente Massimiani

Clemente Massimiani è Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania, Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro Europeo e più volte riconosciuto in ambito accademico Cultore della materia di Diritto del Lavoro, con una pluriennale esperienza in materia di Diritto del Lavoro privato e pubblico, Consulenza d’impresa, Relazioni Industriali, Diritto Sindacale e Diritto Previdenziale.