Mediante la recente sentenza 10 agosto 2017, n. 19979, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, ha chiarito che, in linea generale, la variazione di inquadramento operata dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) ai sensi del D.M. 12 dicembre 2000 (“Nuove tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali delle gestioni: industria, artigianato, terziario, altre attività, e relative modalità di applicazione”) non ha portata retroattiva, bensì decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione di variazione medesima.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, «è […] il riferimento al fondamentale principio generale di irretroattività della legge, dettato dall’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, in assenza di diverse ipotesi di deroga normativamente previste, a condurre verso la logica conclusione che il provvedimento di esatta classificazione di un’impresa in base al d.m. 12.12.2000, a fini contributivi e di rettifica della relativa tassazione errata, ha effetto dal mese successivo a quello della comunicazione […]».

D’altronde, precisa la Corte, «in coerenza con il principio di civiltà giuridica introdotto dall’art. 3, comma 8, legge 8.8.1995, n. 335 (secondo cui i provvedimenti adottati d’ufficio di variazione della classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali producono effetti dal periodo di paga in corso alla data di notifica del provvedimento di variazione, con esclusione dei casi in cui l’inquadramento iniziale sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro), gli artt. 16 (per la rettifica d’ufficio) e 17 (per quella su istanza) del d.m. 12.12.2000 dispongono che i provvedimenti di variazione hanno effetto dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione, salvo che il datore di lavoro abbia dato causa all’errata classificazione».

Viene in soccorso, all’uopo, «il dato testuale inequivocabile delle disposizioni di cui agli artt. 14 (Rettifica d’ufficio dell’inquadramento nelle gestioni tariffarie) e 16 (Rettifica d’ufficio della classificazione delle lavorazioni) del citato D.M. 12.12.2000. Infatti, in entrambe le disposizioni, al secondo comma, è previsto che il provvedimento comunicato al datore di lavoro con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello della comunicazione, salvi i seguenti casi nei quali esso decorre dalla data in cui l’esatto inquadramento (nell’ipotesi dell’art. 14) e l’esatta classificazione delle lavorazioni e la relativa tassazione (nell’ipotesi di cui all’art. 16) dovevano essere applicati: (a) erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto; (b) erroneo inquadramento ed erronea classificazione delle lavorazioni non addebitabili al datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto».

Disciplina analoga, ricorda la Corte, è contenuta negli articoli 15 e 17 dello stesso D.M. 12.12.2000, rispettivamente per le ipotesi di rettifica dell’inquadramento e di rettifica della classificazione delle lavorazioni nelle gestioni tariffarie su domanda del datore di lavoro, ove è stabilito che in caso di accoglimento dell’istanza, il relativo provvedimento ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale è stata inoltrata l’istanza, salvi i casi di: (a) erronea o incompleta denuncia del datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio minore di quello effettivamente dovuto; (b) erronea classificazione delle lavorazioni non addebitabile al datore di lavoro che abbia comportato il versamento di un premio maggiore di quello effettivamente dovuto.

In ragione di quanto precede, ravvisandosi una ipotesi di retrodatazione riconducibile ad atto dell’INAIL, è stato nella fattispecie rigettato il ricorso proposto dall’Istituto Assicurativo, con conferma della statuizione di irretroattività formulata dalla Corte territoriale.

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Clemente Massimiani

Clemente Massimiani è Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania, Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro Europeo e più volte riconosciuto in ambito accademico Cultore della materia di Diritto del Lavoro, con una pluriennale esperienza in materia di Diritto del Lavoro privato e pubblico, Consulenza d’impresa, Relazioni Industriali, Diritto Sindacale e Diritto Previdenziale.