Con sentenza 1 febbraio 2019, n. 3133, la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro (Pres. Di Cerbo, Rel. Bellè), ha confermato la statuizione dei giudici di merito di legittimità del licenziamento disciplinare intimato in ragione di un utilizzo massivo di Facebook sul lavoro.

Nella fattispecie, è risultata confermata la sentenza n. 73/2016 della Corte d’Appello di Brescia mediante cui era stato respinto il reclamo presentato dalla lavoratrice interessata – segretaria part-time di studio medico – avverso la sentenza del Tribunale di Brescia che, a sua volta, aveva rigettato l’impugnativa presentata dalla istante avverso il licenziamento disciplinare intimato per l’accesso a siti Internet estranei all’ambito lavorativo ed in particolare a Facebook.

Secondo la Corte territoriale, segnatamente, «la dimensione del fenomeno, circa 6 mila accessi nel corso di 18 mesi, di cui 4.500 circa su facebook, per durate talora significative, evidenziava […] la gravità di esso, in contrasto con l’etica comune, e l’idoneità certa ad incrinare la fiducia datoriale» (Cass. Civ., Sez. Lav., 01.02.2019, n. 3133).

In altri termini, un utilizzo massivo sul lavoro di uno strumento estraneo all’attività lavorativa è stato ritenuto senz’altro idoneo ad «incrinare la fiducia datoriale», ponendosi detto comportamento «in contrasto con l’etica comune».

* Autore immagine: 123RF.

Clemente Massimiani

Clemente Massimiani è Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania, Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro Europeo e più volte riconosciuto in ambito accademico Cultore della materia di Diritto del Lavoro, con una pluriennale esperienza in materia di Diritto del Lavoro privato e pubblico, Consulenza d’impresa, Relazioni Industriali, Diritto Sindacale e Diritto Previdenziale.