Con la Sentenza della Corte di Appello di Torino, Sezione Lavoro, n. 553/2022, pubblicata il 14.11.2022 (Est. Presidente Dott. Federico Grillo Pasquarelli), è stata definita una delle prime questioni in Italia di reverse dumping in materia di distacco transnazionale di lavoratori.

Nella vicenda, prevedente il rapporto tra legislazione italiana e legislazione francese, l’INPS risultava abdicare alla sovranità statale disconoscendo i rapporti di lavoro subordinato regolati secondo la legislazione italiana in favore della legislazione e dell’ordinamento francesi, ritenendo violata la circolare INPS n. 83/2010 avente ad oggetto «regolamento (CE) n. 883 del 29 aprile 2004, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 200 del 7 giugno 2004, come modificato dal regolamento  (CE) n. 988 del 16 settembre 2009, e regolamento di applicazione (CE) n. 987 del 16 settembre 2009, pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 284 del 30 ottobre 2009, relativi al coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale – disposizioni in materia di legislazione applicabile e distacchi».

Il disconoscimento dei rapporti di lavoro subordinato comportava il ritiro dei modelli A1 e l’annullamento delle posizioni contributive dei lavoratori in Italia.

La società travolta dal disconoscimento, difesa dagli Avvocati Rosa Elisa Biondi e Clemente Massimiani del Foro di Catania, promuoveva azione di accertamento negativo avverso l’accertamento a sua volta negativo dell’Istituto previdenziale ed il ritiro dei modelli A1, per far valere la genuinità del distacco transnazionale ed, indi, la libertà di circolazione di servizi e stabilimento garantiti dal diritto dell’UE.

La singolarità della vicenda scaturiva dalla circostanza che nella fattispecie non veniva in rilievo una ipotesi di social dumping verso Paesi a basso costo del lavoro, bensì una antinomia tra Paesi (Italia e Francia) prevedenti entrambi elevata protezione del lavoro.

E tuttavia un’impresa da sempre operante in Italia, con attività svolte sia in Italia, sia all’estero, si trovava illegittimamente privata della propria legislazione e della propria libertà di prestazione di servizi, circolazione e stabilimento.

In primo grado l’Ill.mo Giudice del Lavoro del Tribunale di Novara (Dott. Gabriele Molinaro), nella sentenza n. 122/2022, pubblicata il 24.05.2022, affrontava in maniera esemplare la questione alla luce esclusivamente del diritto dell’Unione.

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Novara, in particolare, alla luce del diritto dell’Unione osservava che «non vi è spazio, nella materia de qua, per ulteriori e diverse norme di conflitto nazionali e che, pertanto, la disciplina europea è l’unica da prendere in considerazione per la soluzione della controversia».

Ciò premesso, il ragionamento dell’Ill.mo Giudice di prime cure faceva leva, in particolare, sulle Sentenze della Corte di Giustizia 25 ottobre 2018, Walltopia, C-451/17, e 3 giugno 2021, Team Power Europe, C-784/19:

«La Corte di giustizia dell’UE, in due recenti sentenze, ha fornito importanti precisazioni sulla corretta interpretazione della normativa in esame.

In particolare, nella sentenza del 25 ottobre 2018, Walltopia, C-451/17, EU:C:2018:861, punto 51, ha statuito “che l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009, in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, deve essere interpretato nel senso che un lavoratore subordinato assunto nella prospettiva del suo distacco in un altro Stato membro si deve ritenere come essere stato, «immediatamente prima dell’inizio del rapporto di lavoro in questione, (…) già soggett[o] alla legislazione dello Stato membro in cui il suo datore di lavoro è stabilito», ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009, quand’anche detto lavoratore non avesse la qualità di assicurato a norma della legislazione di tale Stato membro immediatamente prima dell’inizio della sua attività lavorativa subordinata, nella misura in cui il lavoratore fosse, a quell’epoca, residente in tale Stato membro, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.

Particolare rilevanza, per il caso di specie, presenta, altresì la sentenza resa dalla Grande sezione il 3 giugno 2021, Team Power Europe, C-784/19, EU:C:2021:427, resa su una questione pregiudiziale, relativa al rifiuto, da parte dell’Ente previdenziale bulgaro, di rilasciare un certificato attestante che la legislazione bulgara in materia di sicurezza sociale fosse applicabile a un lavoratore interinale impiegato da un’impresa di somministrazione, nel periodo durante il quale tale lavoratore era a disposizione di un’impresa utilizzatrice, stabilita in Germania. Tale decisione va esaminata tenendo conto del fatto che si trattava di un’impresa la cui unica attività consisteva nell’assunzione di lavoratori, da somministrare in altri Stati membri e che, infatti, la Corte non manca di evidenziare (punti 43 e 44) che “43 Conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, per interpretare una norma di diritto dell’unione si deve tener conto non soltanto della lettera di quest’ultima norma, ma anche del contesto in cui essa si colloca e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., segnatamente, sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld, C-181/19, EU:C:2020:794, punto 61 e giurisprudenza ivi citata). 44 Per quanto concerne, in primo luogo, la formulazione dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, da tale disposizione risulta che, per determinare se un Impresa svolge normalmente «attività sostanziali, diverse dalle mere attività di gestione interna», nello Stato membro in cui è stabilita, è necessario, come rilevato al punto 38 della presente sentenza, tener conto di tutti i criteri che caratterizzano le attività svolte da tale impresa, dovendo tali criteri essere adatti alle caratteristiche specifiche di ciascun datore di lavoro e alla effettiva natura delle attività svolte”».

Il quadro normativo risultava ben più ampio e complesso rispetto a quello tracciato dalla circolare INPS n. 83/2010, emanata quando neppure era stata adottata la Direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014concernente l’applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»)»].

In particolare, il Giudice del Lavoro evidenziava l’importanza dell’articolo 4, paragrafo 2, della Direttiva 2014/67/UE, «il cui testo deve, quindi, essere riportato, in quanto costituisce ulteriore e fondamentale elemento per la ricostruzione del quadro normativo, in cui si colloca la presente controversia. Esso reca:

“Articolo 4 Individuazione dell’autenticità del distacco e prevenzione degli abusi e dell’elusione

1. Ai fini dell’attuazione e dell’applicazione della direttiva 96/71/CE, le autorità competenti operano una valutazione generale di tutti gli elementi fattuali considerati necessari, tra cui, in particolare, quelli indicati ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo. Tali elementi sono intesi ad assistere le autorità competenti nell’effettuare le verifiche e i controlli e qualora esse abbiano motivo di ritenere che un lavoratore non sia da considerarsi distaccato ai sensi della direttiva 96/71/CE. Tali elementi intervengono come fattori indicativi nella valutazione complessiva e non possono, pertanto, essere considerati isolatamente.

2. Al fine di determinare se un’impresa esercita effettivamente attività sostanziali diverse da quelle puramente interne di gestione e/o amministrazione, le autorità competenti operano una valutazione generale di tutti gli elementi fattuali che caratterizzano le attività esercitate da un’impresa nello Stato membro di stabilimento e, ove necessario, nello Stato membro ospitante, tenendo conto di un quadro temporale ampio. Tali elementi possono comprendere, in particolare:

a) il luogo in cui l’impresa ha la propria sede legale e amministrativa, utilizza uffici, paga imposte e contributi previdenziali e, se del caso, in conformità del diritto nazionale, è iscritta in un albo professionale o è registrata presso la camera di commercio;

b) il luogo in cui i lavoratori distaccati sono assunti e quello da cui sono distaccati;

c) la legge applicabile ai contratti stipulati dall’impresa con i suoi lavoratori e con i suoi clienti;

d) il luogo in cui l’impresa esercita la propria attività economica principale e in cui è occupato il suo personale amministrativo;

e) il numero di contratti eseguiti e/o l’ammontare del fatturato realizzato nello Stato membro di stabilimento, tenendo conto della situazione specifica che caratterizza tra l’altro le imprese di nuovo insediamento e le PMI.

3. Per valutare se un lavoratore distaccato temporaneamente presta la sua attività in uno Stato membro diverso da quello in cui abitualmente lavora, sono esaminati tutti gli elementi fattuali che caratterizzano tale attività e la situazione del lavoratore. Tali elementi possono comprendere, in particolare:

a) l’attività lavorativa è svolta per un periodo di tempo limitato in un altro Stato membro;

b) la data di inizio del distacco;

c) il lavoratore è distaccato in uno Stato membro diverso da quello nel quale o a partire dal quale esercita abitualmente la propria attività secondo il regolamento (CE) n. 593/2008 (regolamento Roma I) e/o la convenzione di Roma;

d) il lavoratore distaccato ritorna o si prevede che riprenda la sua attività nello Stato membro da cui è stato distaccato dopo aver effettuato i lavori o prestato i servizi per i quali è stato distaccato;

e) la natura delle attività;

f) il datore di lavoro che distacca il lavoratore provvede alle spese di viaggio, vitto o alloggio o le rimborsa; in tal caso, si considera anche il modo in cui si provvede in tal senso e il metodo di rimborso;

g) eventuali periodi precedenti in cui il posto è stato occupato dallo stesso o da un altro lavoratore (distaccato).

4. Il mancato soddisfacimento di uno o più degli elementi fattuali stabiliti ai paragrafi 2 e 3 non significa automaticamente che una certa situazione non corrisponda a un distacco. La valutazione di tali elementi è adattata a ogni caso particolare e tiene conto delle specificità della situazione.

5. Gli elementi di cui al presente articolo utilizzati dalle autorità competenti nella valutazione generale volta ad accertare se una determinata situazione costituisca un autentico distacco possono altresì essere considerati per stabilire se una persona possa essere considerata un lavoratore ai sensi della definizione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 96/71/CE. Gli Stati membri dovrebbero basarsi, tra l’altro, sulle circostanze concernenti l’esecuzione del lavoro, la subordinazione e la retribuzione del lavoratore, indipendentemente dal modo in cui il rapporto è caratterizzato in qualsiasi accordo, contrattuale o meno, eventualmente concordato tra le parti».

Proprio alla luce dei superiori principi, l’Ill.mo Giudice di prime cure riteneva che «Le normative europee sopra citate sono estremamente chiare nel disporre che la carenza di uno solo o anche di più di uno dei requisiti previsti, a titolo esemplificativo, non consente, di per sé, di concludere per l’abusività del suo impiego. Come ricordato dalle stesse norme e anche dalla Corte di giustizia, nelle sopra citate decisioni, deve sempre tenersi conto della natura dell’attività esercitata, del tipo di impresa e di tutte le specificità del caso concreto».

Particolarmente importante, ai fini dell’accertamento della genuinità del distacco, risultava, poi, la circostanza secondo cui «ciò è avvenuto senza che, in concreto, vi sia stato alcun rischio di dar luogo a una pressione al ribasso sui sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri interessati».

In buona sostanza, l’Ill.mo Giudice del Tribunale di Novara, Sezione Lavoro, coglieva perfettamente la ratio della disciplina eurounitaria in materia di distacco transnazionale di lavoratori, vale a dire la prevenzione dei fenomeni di social dumping.

E, difatti, proprio la difesa della società ricorrente, sulla scorta degli allegati studi OCSE, evidenziava che «lo scopo della disciplina europea in subiecta materia è di evitare i fenomeni di social dumping, ovvero di concorrenza al ribasso sulle condizioni di lavoro ed a discapito dei lavoratori. Ma proprio la suddetta ratio appalesa la illegittimità e mancanza di ponderazione nell’accertamento avversato, giacche l’azienda ricorrente non ha applicato la legislazione bulgara, rumena o lituana (per fare degli esempi di Paesi a tipico social dumping, per bassissimo costo del lavoro), ma la legislazione italiana, tra le più onerose d’Europa in materia lavoristica e, in assoluto, tra i Paesi OCSE, quella prevedente la più elevata contribuzione obbligatoria da lavoro dipendente».

L’Ill.mo Giudice di prime cure, in accoglimento delle ragioni della società ricorrente, riteneva dunque che le conclusioni dell’INPS circa l’interpretazione della normativa europea e la non genuinità dei distacchi effettuati dovessero essere disattese.

Le ragioni difensive della società venivano accolte anche in sede di gravame dall’Ecc.ma Corte di Appello di Torino, Sezione Lavoro, nella Sentenza n. 553/2022, pubblicata il 14.11.2022 (Est. Presidente Dott. Federico Grillo Pasquarelli), non risultata impugnata con ricorso in Cassazione dall’Istituto.

Evidenziava, infatti, l’Ecc.ma Corte di Appello di Torino, Sezione Lavoro, che «la ratio della normativa eurounitaria è esattamente quella di evitare il dumping sociale, mentre, nel caso di specie, la società appellata non ha applicato la legislazione lavoristica e previdenziale di un Paese UE con basso costo del lavoro (es. Lituania, Romania, Irlanda), ma ha applicato la legislazione italiana, che è notoriamente una delle più onerose d’Europa, oltretutto con innesti migliorativi di diritto francese, altra legislazione che garantisce una tutela dei lavoratori ai massimi livelli europei».

Alla luce delle considerazioni esposte, l’appello dell’Istituto previdenziale veniva respinto.

In buona sostanza, gli Ill.mi Giudici di primo e secondo grado, applicando correttamente la ratio della normativa eurounitaria in materia di distacco transnazionale di lavoratori, tesa ad evitare il dumping sociale, hanno definito con esito favorevole per la società ricorrente una delle prime questioni in Italia di reverse dumping contributivo.

* Autore immagine: 123RF.

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Clemente Massimiani

Clemente Massimiani è Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania, Dottore di Ricerca in Diritto del Lavoro Europeo e più volte riconosciuto in ambito accademico Cultore della materia di Diritto del Lavoro, con una pluriennale esperienza in materia di Diritto del Lavoro privato e pubblico, Consulenza d’impresa, Relazioni Industriali, Diritto Sindacale e Diritto Previdenziale.

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Elisa Biondi

Avvocato Giuslavorista nel Foro di Catania